giovedì 12 agosto 2010

RIVALUTAZIONE PREZZO DEL LATTE

In questi anni, il latte siciliano ha subito un deprezzamento drastico, con serie ripercussioni sugli allevatori, sempre di più costretti a svendere il loro prodotto e a rinunciare a ogni margine di guadagno con il rischio, il più delle volte, di non riuscire neanche a coprire i reali costi della produzione.
Un litro di latte bovino, oggi, è pagato, in media, agli allevatori siciliani appena 33,05 centesimi di euro, mentre un litro di latte di pecora è pagato appena 55 centesimi di euro, per poi essere rivenduti al consumatore quattro volte il prezzo di acquisto, mentre nel Lazio, ad esempio, il latte vaccino viene venduto a 38,00 centesimi di euro.
Da un’analisi di mercato, emergono concrete e preoccupanti possibilità di un peggioramento della situazione e ciò anche a causa dell’introduzione, sempre più consistente, nel mercato italiano di latte proveniente non solo dai paesi comunitari, ma spesso anche da paesi extracomunitari, e per ciò, è sempre più diffuso, nelle aziende dedite alla trasformazione del latte, l’utilizzo di latte o addirittura cagliate provenienti dall’estero per la realizzazione dei prodotti caseari.
Su questa ‘spinosa’ situazione è intervenuto con un’interrogazione parlamentare, rivolta al Presidente della Regione e all’Assessore Regionale delle risorse agricole e alimentari, il Parlamentare regionale del Popolo della Libertà, On. Prof. Vincenzo Vinciullo.
“La situazione di grave crisi in cui versano migliaia di allevatori siciliani – spiega il Parlamentare - non può essere più tollerata soprattutto se si considera che i nostri allevatori negli ultimi anni hanno investito soprattutto sulla qualità.
Il comparto lattiero è di fondamentale importanza per l’economia siciliana e pretende il giusto rispetto, soprattutto in considerazione del fatto che, in altre regioni italiane, il prezzo è più remunerativo rispetto a quello praticato in Sicilia, ed il latte siciliano, per le indiscutibili qualità, potrebbe essere pagato agli allevatori almeno 50 centesimi di euro quello vaccino, ed almeno 80 centesimi di euro quello di pecora.
Il persistere di queste condizioni di svantaggio è stato più volte denunciato sia dalle associazioni di categoria che dagli stessi allevatori che, in più occasioni, hanno fatto giungere il loro appello al Governo Regionale senza ottenere concrete risposte”.
Occorre dunque – propone Vinciullo – “provvedere all’emanazione di provvedimenti normativi volti a contenere la crisi che oramai da molti anni investe il settore dell’allevamento, ed individuare nuove strategie capaci di rilanciare un settore che diversamente è destinato ad andare incontro ad un inevitabile collasso; intervenire, con l’urgenza del caso, presso i Ministeri delle Politiche Agricole, dell’Economia e del Lavoro, per chiedere speciali misure a favore del settore agricolo in Sicilia e in modo particolare dei nostri allevatori; e, infine, emanare delle norme per garantire la stabilizzazione triennale della riduzione degli oneri previdenziali a carico delle aziende agricole ricadenti nelle zone montane e svantaggiate, compreso, evidentemente, l’azzeramento delle accise per i carburanti ad uso agricolo e per tutte le aziende della filiera agricola”.

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